domenica 13 febbraio 2011

le parole di Maria

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Il 13 febbraio 2011 a San Miniato
Gli eventi che si sono susseguiti nelle ultime settimane hanno avuto un’eco vastissima a tutti i livelli dell’informazione. Un’eco così vasta che ci sentiamo stordite dalle tante immagini e messaggi che ci passano vorticosamente davanti, in una spirale nella quale sembrano essersi consumate tutte le parole dello sdegno e dell’ira: perfino le parole che, in questa settimana, abbiamo tante volte pensato per questa manifestazione.
Ma, per fortuna, non è proprio così, non solo perché le parole possono sempre ricaricarsi di senso, ma soprattutto perchè oggi c’è qualcosa di nuovo che è forte e potente quanto l’articolazione verbale.
Questo è il nostro mostrarsi, il nostro esserci, il nostro essere qui ed ora; questo nostro esserci è oggi la parola più forte e non consumata.
Questo distingue la manifestazione di oggi: il fatto che noi, parte lesa da sempre, abbiamo trovato la forza di uscire, di mostrarci, di dare voce allo sdegno in questa forma.
Noi non vogliamo usare la metafora calcistica dello scendere in campo. No, noi non siamo scese in campo; da cittadine siamo scese nella collettività per testimoniare il nostro dissenso rispetto allo scadimento della vita pubblica, per dire l’ansia per il futuro dei figli, l’orgoglio del femminile e anche la determinazione  a cambiare.
Lo facciamo con misura e fermezza tenendo in mano il filo sottile che sorregge il nostro slogan bianco e rosa. Perché bianco e rosa sono oggi i colori dell’ira.
Vogliamo prima di tutto uscire dall’impero delle merci che ha collocato il nostro corpo e quello dei nostri figli, mariti e compagni negli scaffali del vendibile.
Non vogliamo più essere un bene vendibile  né strumento di un profitto. I corpi, tutti i corpi, non si vendono e non si comprano e i sentimenti non si manipolano con l’oro.
Respingiamo con forza il modello del desiderio senza limiti.
Vogliamo la rifondazione morale della polis perché i fatti avvenuti costituiscono un’offesa troppo grande alle donne, agli uomini e al lavoro. Troppo grande è diventata la sproporzione tra la lotta quotidiana di tante famiglie e la ricchezza di troppi. Chiediamo che si corregga la forbice di questa ricchezza, che si ponga al centro della vita politica la questione morale, la solidarietà, il lavoro, la formazione e la ricerca scientifica.
Sappiamo che dovremo tornare ancora perché l’etica e la dignità non sono per sempre, tanto meno quelle delle donne. Vanno continuate, riconquistate e sempre testimoniate. Dunque torneremo ancora e, ogni volta che ritorneremo, ricordiamoci sempre, come è avvenuto oggi, di parlare con una voce sola.

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